La carne diventa carne, il vino diventa sangue e la fatica fa buttare il sangue. (Il tutto per denunciare che la fatica è dura).
La carne si perde e i cani si arrabbiano. (Un’amara considerazione sul «bene» che a volte si «perde» quando c’è chi lo desidera e non gli è dato ottenerlo).
La carta non fa la faccia rossa. (La lettera che uno spedisce non arrossisce quando viene letta dal destinatario, per cui ciò che non si riesce a dire lo si può scrivere, e spesso funziona).
La casa si chiama chiodo, se ci porti ci trovi. (A casa troverai ciò che ci avrai portato).
La cera si consuma e la processione non va avanti. (Nelle processioni, per evitare di consumare le candele che si portavano anche in mano, bisognava muoversi piuttosto speditamente. Lo si dice quando invece di lavorare si perde tempo).
La pianta pecca e il ramo dissecca. (I peccati dei genitori, sovente, li pagano i figli).
La chiave alla cintola e Martino dentro. (La chiave di casa una volta non era schiacciata e di 5 cm circa come oggi, poteva essere anche di 15-20 e più centimetri e si portava alla cintura di cuoio degli uomini o a quella di stoffa del grembiule delle donne. Nella fattispecie c’è la sorpresa di chi, pur avendo con sé la chiave, nel rientrare, trova la porta già aperta).
La collera è pietrosa: scende in corpo e fa i buchi. (Arrabbiarsi fa male alla salute).
La coda è sempre la più difficoltosa a scorticare. (Vuoi per stanchezza, vuoi per il tempo trascorso, la fine di un lavoro è sempre più pesante).
Il credito fu ammazzato dai cattivi pagatori. (Lo ricordano i negozianti che ovviamente preferiscono il contante e subito).